Il Realismo evanescente e delicato di Arianna Squicquaro, quando la poesia si mescola con la magia dei colori e della luce
Molto spesso l’animo gentile e l’osservazione sensibile di un artista necessità di trovare uno stile, un approccio espressivo che vuole andare oltre la realtà perché ha bisogno di mostrare quelle sfumature appartenenti all’immaginazione e alla delicatezza di un sentire che non può prescindere dalla loro narrazione di tutto ciò che appare davanti ai loro occhi e che va a colpire l’interiorità al punto di dover essere manifestato sulla tela. La protagonista di oggi mostra un’anima fortemente sperimentatrice che le consente di mescolare tecniche differenti attraverso cui svelare lo sguardo gentile e carezzevole che rivolge al mondo intorno a sé e che racconta con un’armonia lirica che avvolge letteralmente il fruitore facendolo entrare nel suo mondo ideale e pieno di luminosità percettiva.
Il Realismo fu un movimento che si distaccò dalle atmosfere del Romanticismo, troppo concentrato sulle sensazioni, sul sentire e sulla correlazione tra essere umano e natura circostante per rientrare nel tipo di osservazione precisa e attenta che invece era il punto di partenza degli autori realisti; inoltre l’interesse verso i ceti sociali più disagiati, i lavoratori poveri, le classi meno abbienti, erano i soggetti che il nuovo movimento prediligeva, per dare voce a chi fino a poco prima, e dunque anche nell’Arte Romantica, non l’aveva avuta. Dunque l’arte cominciò a uscire dai confini dei soggetti più tradizionali, dal ritratto di committenti facoltosi o dalle scene religiose o mitologiche, per divenire spunto di documentazione e a volte di denuncia sociale; Gustave Courbet e Jean-Francois Millet evidenziarono l’aspetto più sentimentale della vita contadina o quella dei sobborghi più poveri, mentre Giuseppe Pellizza da Volpedo si collocò all’interno di un’interpretazione più orientata a lasciar emergere le lotte del popolo per ottenere i propri diritti che contraddistinse anche il Realismo Sociale messicano rappresentato dal suo massimo esponente Diego Rivera.
L’avvento dell’Impressionismo interruppe il dominio del Realismo e introdusse un approccio più estetico, più concentrato sul lasciar emergere la bellezza, l’armonia, la serenità e la piacevolezza vissuta dalla nuova classe borghese nei momenti di svago, tanto quanto nello stesso periodo il Simbolismo volle andare a esplorare invece tutte quelle energie appartenenti al mondo intorno all’essere umano che si muovono indipendentemente dalla consapevolezza o meno della loro esistenza, rivelando il mistero, le inquietudini e il rapporto con l’invisibile, sempre però mantenendo uno stile pittorico fortemente aderente all’osservato, malgrado l’introduzione di elementi immaginari, pertanto il legame con la forma veniva arricchita da un mondo di sensazioni precedentemente escluso. In particolar modo fu Odilon Redon a rappresentare la natura o l’essere umano immerso in essa, in modo delicato, soave, contraddistinguendola con colori vivaci, a volte tenui e a volte più intensi, e sempre immersa nella luce con cui intendeva sottolineare la morbidezza di tutto ciò che appartiene alla realtà introducendo tuttavia il mondo delle possibilità, l’enigma inserito attraverso simboli nascosti con cui guidava sottilmente l’osservatore verso una dimensione parallela.
Il Realismo Magico italiano sposò in qualche modo la linea anticipata dai simbolisti, lasciando fluire al di sotto delle immagini raccontate, e dai volti dei personaggi in primo piano, la percezione di un mistero inconfessato, di una distanza emotiva generata da un enigma celato evidente solo dallo sguardo straniato e assorto dei protagonisti delle tele di Felice Casorati e di Ubaldo Oppi.
L’artista laziale Arianna Squicquaro assorbe tutte le esperienze pittoriche appena menzionate e le fonde insieme per dar vita a un Realismo dove il simbolismo emerge prevalentemente attraverso la rappresentazione della natura, armonica e perfetta dove l’uomo funge da semplice osservatore piuttosto che co-protagonista, e dove la magia lirica si svela attraverso gli sguardi oppure semplicemente con gli sfondi che sembrano in dissolvenza, quasi a voler guidare l’attenzione sul soggetto principale che di volta in volta sceglie di raccontare.
Non solo, il suo eclettismo sperimentatore e la curiosità innata che la spingono costantemente a misurarsi con nuove tecniche e sfide pittoriche, genera un’armonizzazione tra gli studi compiuti sulla resa perfetta dell’osservato, sul pastello morbido, sulle tecniche delle icone sacre apprese da molti dei suoi maestri, e della pittura gran fuoco o grisaglia sul vetro; in questo modo Arianna Squicquaro riesce a infondere nelle sue tele quelle esperienze che le consentono di sfuggire a una definizione troppo restrittiva per aprirsi a quella contaminazione e libertà espressiva di cui è ricca l’arte contemporanea.
Il tocco pittorico è sempre molto delicato e a tratti evanescente, come se lo sguardo sulla purezza e bellezza della natura o di un volto dovesse necessariamente legarsi al sentire dell’altro per riuscire a interpretarne ogni singola sfaccettatura; la leggerezza narrativa, le trasparenze, rendono così le opere dell’artista particolarmente dolci, morbide, così come la luminosità sempre dominante ne evidenzia la serenità osservativa che appartiene ad Arianna Squicquaro e che fuoriesce dalle opere andando a coinvolgere il fruitore.
Una delle sue particolarità è di prediligere il pastello morbido nel momento in cui sceglie di raccontare l’essere umano, forse perché l’attitudine fortemente realista al punto di entrare nella dimensione dell’Iperrealismo, trova la sua dimensione perfetta attraverso la precisione del tratto delle matite, come se solo attraverso di esse l’artista riuscisse a infondere quelle sfumature funzionali a definire le luci e le ombre, a scolpire la profondità degli sguardi e le tonalità dell’incarnato che rendono i suoi ritratti vere e proprie fotografie arricchite però dalla delicatezza percettiva costituita dal filtro emozionale dell’autrice.
A questa linea produttiva appartiene l’opera Luce, dove la protagonista, ripresa in una posa a tre quarti tipica dei ritratti del Realismo tradizionale, sembra sorprendersi per l’attenzione suscitata, e in qualche modo appare indignata per essere stata violata nell’intimità dei suoi pensieri, in quel flusso di emozioni che può emergere solo nel momento di introspezione. La perfezione del tratto artistico di Arianna Squicquaro emerge da ogni singolo dettaglio, dalla luce, dal movimento dei capelli e dall’intensità dello sguardo che appare vivo, reale, così come le tonalità dell’abito e dello sfondo messi in evidenza dalla luminosità del giorno che filtra dalla finestra.
Anche le opere dedicate ai paesaggi della sua regione hanno una forte impronta realista, proprio perché Arianna Squicquaro mostra l’esigenza di ripercorrere fedelmente quei luoghi appartenenti alla sua anima e di cui non può che raccontare ogni singolo dettaglio; in alcuni casi, come in Chiesa di Santa Maria Maggiore, Giardino di Ninfa, l’artista si misura con l'acquerello utilizzato però in maniera densa, poco diluito, dandogli così una consistenza inaspettata ma a lei necessaria a non dissolvere troppo il risultato, perché in questo caso il dettaglio doveva emergere senza dissolvenze, senza eccessive trasparenze, proprio per sottolineare la concretezza che le sue radici costituiscono. Gli arbusti e le foglie sono ben definiti, così come lo sono i mattoni dell’edificio che si stagliano su un cielo lattiginoso.
Paradossalmente l’evanescenza e la decontestualizzazione più incisive appartengono invece alle opere in acrilico su tela, come se Arianna Squicquaro volesse giocare con la materia e con i mezzi espressivi eradicandone l’abituale struttura per confondere lo sguardo traendolo in inganno; la sua delicatezza poetica emerge dunque in maniera evidente nell’opera Ghost flowers dove i petali dei fiori sono trasparenti, collocati al di fuori del loro ambiente, avvolti in uno sfondo innaturale e tendente a un Espressionismo Astratto che non appartiene in pieno allo stile pittorico dell’artista eppure lo completa perché in quell’estrazione dal proprio contesto tipica della Metafisica, lei ha bisogno di aprirsi a quell’emozionalità necessaria ad avvolgere e a proteggere la brevità esistenziale del fiore, o a sottolinearne l’allegria e la positività che la sua presenza infonde in chiunque abbia la capacità di lasciarsi trasportare dalla bellezza di ciò che avvolge l’esistenza e che spesso viene trascurato in virtù dell’urgenza del vivere.
Tanto quanto in Loyalty la gamma cromatica diviene simbolica di quella concretezza e affidabilità che si lega al concetto di fedeltà, inteso dal punto di vista più ampio del termine e rappresentato da un delicato fiore accompagnato in maniera simbiotica dalla sua foglia.
Le tonalità pastello, delicate e avvolgenti, creano un'armonia cromatica che coinvolge tutti i sensi facendo percepire quasi la morbidezza del tratto e la delicatezza del tocco dell'artista. Ogni sfumatura, ogni ombra è studiata con cura per trasmettere un messaggio di serenità e riflessione. Ogni tratto di pastello sembra danzare sulla carta, dando vita a un'opera che incanta e ispira. La scelta dei materiali e la precisione della tecnica dimostrano una padronanza che solo pochi artisti possiedono, rendendo quest'opera non solo un piacere visivo, ma anche un'esperienza emotiva unica. Mentre si osserva il quadro, si è trasportati in un luogo di pace interiore, dove il tempo sembra fermarsi e l'anima trova conforto. "Luce" di Arianna Squicquaro non solo è un'opera d'arte ma una finestra su un universo di bellezza e tranquillità.
Art Global a cura di Angiolina Marchese e Rosanna Vetturini